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Convegno evasione fiscale - Peracchi

Intervento di presentazione
della ricerca sul rischio di evasione fiscale a Bergamo
di Gianni Peracchi, segretario generale Spi Cgil di Bergamo

Parliamo di nuovo di lotta all'evasione fiscale

Di nuovo, perché questo tema è stato e rimane al centro dell'attenzione e delle politiche del sindacato confederale e dei pensionati in modo particolare, soprattutto in un momento in cui la scarsità di risorse a tutti i livelli assume dimensioni preoccupanti.

Quindi ne parliamo non per il vezzo di accodarci ai titoli dei giornali, dopo le condanne milionarie di Dolce e Gabbana per evasione fiscale o la pubblicazione delle graduatorie delle categorie dei contribuenti dalle quali risulta, ad esempio, che gioiellieri denunciano in media 17.000 euro l'anno; oppure dopo gli esiti del processo all'ex Presidente Consiglio (l'appello per il caso Mediaset), che pure riguardano il mancato versamento di quanto dovuto al sistema tributario italiano, o degli "scandali" di Cortina dello scorso anno.

E nemmeno per la voglia di dare lezioni o di criminalizzare chi non versa il dovuto al fisco, a scapito di chi invece non può fare diversamente: dipendenti e pensionati per primi.

È un'esigenza concreta, a cui dare una dimensione attendibile, per cercare di recuperare risorse anche a Bergamo, finalizzabili a fornire servizi sociali alle persone in difficoltà, a ridare fiato ad un sistema produttivo basato su una leale concorrenza, ad alleggerire complessivamente il livello di prelievo fiscale, secondo il principio che se si paga tutti si può pagare di meno.

Si parla spesso di evasione fiscale; ma si propongono stime quasi sempre a livello nazionale, tant'è che molte delle ultime leggi finanziarie si basavano (sul fronte delle "probabili" entrate) proprio su questi dati.

Il nostro tentativo è invece quello di mettere una lente di ingrandimento - forse per la prima volta - su entità territoriali circoscritte.

Il livello di pressione fiscale in Italia, come del resto nella nostra provincia, è particolarmente alto in senso teorico (cioè per quanto si dovrebbe pagare), ma coloro che si lamentano maggiormente delle tasse troppo alte molto spesso non sono gli stessi che versano il dovuto.

E, in una situazione di crisi come quella che stiamo attraversando, riuscire a recuperare risorse è essenziale; così come è importante incentivare i Comuni a perseguire questo obiettivo, lasciando a loro gran parte delle risorse eventualmente recuperate dalla lotta all'evasione.

Sono ancora pochi gli accordi sottoscritti, come quello del capoluogo, di concerto con l'Agenzia delle Entrate per la lotta all'evasione nel nostro territorio.

Ricordiamo che quello delle autonomie è uno dei sistemi più impoveriti da questa crisi e dal contenimento della spesa pubblica operata a livello centrale e che - anche nella nostra "ricca" provincia - i Comuni sono ad un livello di sofferenza limite.

Anche se è doveroso sottolineare a questo riguardo che nell'ultimo biennio Bergamo non ha brillato per le sue politiche di bilancio: i nostri Comuni, con l'introduzione dell'IMU e delle addizionali, oltre che con le entrate indirette, hanno registrato un incremento dell'1,7% delle entrate correnti, a fronte di una diminuzione della spesa sociale di 0,9 punti.

La nostra provincia, insieme a Milano e Brescia, vanta un rischio di evasione, in cifre assolute, molto alto; ma va anche detto che se rapportassimo queste cifre alla ricchezza complessiva del nostro territorio risulteremmo meno evasori di altre province.

In ogni caso, combinando l'insieme di molteplici fattori, risultiamo essere al quarto posto - dopo Brescia, Sondrio e Mantova - nella graduatoria regionale dell'indice di "rischio evasione".

Quello della lotta all'evasione è un tema scottante, che non suscita certo empatia negli amministratori locali e in una parte dell'opinione pubblica, ma che va affrontato e va fatto diventare elemento qualificante e di cultura, come d'altra parte avviene in quasi tutti i paesi sviluppati.

Proprio in questi giorni stiamo predisponendo, unitariamente, l'aggiornamento della piattaforma confederale e di categoria - da proporre alle istituzioni locali, ai Comuni singoli e associati - e una delle principali richieste è proprio quella di contribuire, mediante gli specifici protocolli previsti, alla evidenziazione di eventuali "sacche" di evasione.

Evitare che chi gode di un benessere economico maggiore di altri possa accedere ai servizi pubblici pagando proporzionalmente di meno di chi non è benestante, rappresenta una "convenienza" di cui tutti dobbiamo diventare consapevoli!

La ricerca che presentiamo oggi è stata condotta dall'IRES Lucia Morosini, un istituto di ricerca della CGIL con il quale lo SPI regionale e di Bergamo hanno già proficuamente collaborato.

La ricerca ha analizzato le stime di rischio di evasione fiscale in Lombardia e nei comuni della nostra provincia, prendendo a riferimento, con metodologie statistiche riconosciute, parametri come quello della densità degli insediamenti produttivi, della loro dimensione, della tipologia delle produzioni. Inoltre sono stati indagati i rapporti tra redditi dichiarati e consumi accertati, oltre che stimati i volumi di evasione di IRAP ed IVA.

Infine c'è una sezione dedicata alla rilevazione delle trasformazioni sociali, degli indicatori della crisi e delle politiche tributarie dei Comuni bergamaschi (secondo i dati di bilancio), sezione che mette in relazione le risorse e la loro finalizzazione verso i servizi alla persona.

Della ricerca, i cui esiti intendiamo "consegnare" alla politica e alla società bergamasca, discutiamo, oltre che con i docenti e ricercatori che l'hanno condotta, a partire dal responsabile dell'Ires Lucia Morosini, Prof. Francesco Montemurro, con rappresentanti dello SPI regionale, della Camera del Lavoro di Bergamo, di Fnp e Uilp insieme al Direttore dell'Agenzia delle Entrate di Regione Lombardia, dott. Eduardo Ursilli, ed al Presidente del Dipartimento Finanza Locale, Federalismo Fiscale e Patto di Stabilità Territoriale di ANCI Lombardia, dott. Fabrizio Taricco.

Una menzione particolare credo sia doverosa nei confronti dello SPI regionale, che ha progettato per primo questa analisi, proponendola poi ai comprensori provinciali.

Un estratto dei dati relativi a Bergamo verrà pubblicato sul prossimo numero di Spi Insieme, visto che i tempi di impaginazione e stampa non hanno consentito di pubblicarli direttamente sul numero di giugno-luglio.

Il testo integrale, accompagnato da un abstract, sarà disponibile sul nostro sito (attualmente in fase di ridefinizione) dopo la metà del mese prossimo.

Bergamo, 26 giugno 2013

Lo Spi a Portella della Ginestra (da Spi Insieme)

Una pagina dolorosa della nostra storia

 

Portella della Ginestra è una località montana situata a circa tre chilometri dalla Piana degli Albanesi (Palermo). Prende il nome dai fiori che vi sbocciano in abbondanza a primavera, ed è nota per essere stata teatro, il 1° maggio 1947, della prima strage dell'Italia repubblicana.

"I padroni dei latifondi lasciavano le terre abbandonate: vi pascolavano le pecore e la gente moriva di fame. Volevamo vivere, ma tutti erano contro di noi, non solo la mafia, anche le forze dell'ordine, i politici, e (cosa che ancora non riesco ad accettare) la Chiesa, perché noi eravamo comunisti! I mandanti non si sono mai saputi; il giorno dopo, Scelba ci disse che era stato il bandito Giuliano." Così Serafino - uno dei testimoni superstiti - ci ha raccontato il 9 maggio scorso, quando con lo Spi Cgil siamo andati a deporre una corona nel luogo della strage.

Il 1° maggio 1947 si tornava a celebrare la festa dei lavoratori: in duemila, per lo più contadini, si riunirono a Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte. Era una festa: cantando e ridendo i contadini percorsero chilometri per ritrovarsi. Sulla gente partirono dalle colline circostanti numerose raffiche di mitra, che lasciarono sul terreno, secondo le fonti ufficiali, 11 morti (9 adulti e 2 bambini) e 27 feriti, di cui alcuni morirono poi per le ferite riportate. La Cgil proclamò lo sciopero generale, accusando i latifondisti siciliani di voler "soffocare nel sangue le organizzazioni dei lavoratori".

Un episodio della guerra coraggiosa degli umili, del coraggio inconsapevole dei poveri.

(di Augusta Passera - da Spi Insieme luglio-agosto 2013)