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Sanità

Anziani ricoverati in ospedale - Molti i problemi e le conseguenze avverse


anziani-ospedalered Quando si pensa all'Ospedale si pensa ad un luogo rassicurante, che ci aiuta a guarire, un porto sicuro. In molti casi è così, ma non lo è per le persone anziane e soprattutto molto anziane e molto malate. Stando a quanto dicono le associazioni scientifiche dei geriatri "circa il 75% degli anziani con 75 anni o più, funzionalmente indipendenti al ricovero in ospedale da casa, non sono più funzionalmente autonomi alla dimissione".

red Si comincia dal pronto soccorso, spesso con lunghe attese, spesso in mezzo a molte persone a loro volta ammalate, con forti rischi di infezioni respiratorie. Ma - sempre secondo le associazioni scientifiche dei geriatri - l'impatto maggiore non riguarda tanto le infezioni quanto le capacità cognitive: spaesamento, riduzione dell'autonomia, senso di inutilità, solitudine, paura delle pratiche mediche. E l'elenco dei rischi e dei numerosi problemi cresce man mano che dal pronto soccorso si passa nei reparti di ricovero. Poiché le persone molto anziane e molto malate non hanno una sola malattia ma spesso ne hanno diverse, succede che si va incontro a danni diretti e indiretti da farmaci: "La polifarmacoterapia rientra tra i fattori capaci di ridurre l'autonomia dell'anziano ospedalizzato; essa ha spesso conseguenze avverse, come ad esempio essere concausa delle cadute". Purtroppo l'elenco dei rischi e delle conseguenze è lungo: "la limitazione della mobilità fisica, dovuta alla terapia infusiva o al catetere vescicale, risulta essere correlata con la riduzione della funzionalità a breve e a lungo termine"; assunzione di cibo limitata o diversa rispetto alle abitudini del paziente, prolungato allettamento e inattività fisica, utilizzo di pannoloni invece che attivazione di interventi finalizzati al mantenimento dell'autonomia, sono tutti fattori che contribuiscono alla perdita di capacità e autosufficienza. Anche lo stesso ambiente ospedaliero "in termini di strutturazione, ritmi delle attività e sovraffollamento, risulta essere per l'anziano un luogo rumoroso, sensorialmente e socialmente deprivato e nel complesso disorientante". Tutto ciò incrementa confusione spaziale e temporale, alterazione del sonno, isolamento sociale, rischio di cadute ed esordio di patologie psicogeriatriche.

red Ci sono rimedi? Un primo è quello di trattare i ricoveri degli anziani come i ricoveri dei bambini, cioè favorire la presenza di familiari e parenti, figure conosciute e amate che contribuiscono a creare un ambiente amichevole. Inoltre favorire la mobilità (ovviamente quando sia possibile) per evitare l'immobilizzazione precoce; agevolare il sonno; evitare i trasferimenti di letto (se non quando clinicamente necessari) perché ulteriormente disorientanti.
Una riduzione dei danni da ricovero può venire anche da un maggiore coinvolgimento della specialistica geriatrica. Infatti per le persone anziane è necessaria una "diagnosi differenziale", per la diversità dei loro sintomi rispetto a quelli tipici. Ad esempio "le malattie infettive decorrono nell'anziano anche senza ipertermia...; la valutazione della pressione arteriosa fornisce informazioni rilevanti se eseguita sia in posizione orizzontale (5 minuti di riposo) che nei 3 minuti successivi all'assunzione della posizione eretta". La presentazione "atipica" dei sintomi si riferisce a molte malattie: polmonite, infarto del miocardio, infezioni urinarie, ipertiroidismo. Proprio per questo è necessaria la pratica della "valutazione multidimensionale geriatrica", cioè una valutazione del paziente da parte di più specialisti, compreso il geriatra; solo così è davvero possibile decidere se il ricovero è utile oppure no.

red Ci sono poi problemi altro tipo, molto importanti ma di cui si parla troppo poco: per le persone anziane più del 50% dei ricoveri viene prolungato di oltre una settimana rispetto alle necessità sanitarie. Secondo un report della Federazione di medici internisti, il 75,5% dei pazienti anziani resta impropriamente in ospedale perché non ha nessun familiare o badante in grado di assisterli in casa; il 49% perché non trova posto in Rsa; il 64,3% perché mancano le strutture sanitarie intermedie; il 22,4% ha difficoltà ad attivare l'Assistenza domiciliare integrata (Adi). Sono dati del 2023 ma poco è cambiato: le liste d'attesa per le Rsa sono peggiorate, gli Ospedali di comunità sono partiti solo in minima parte e con pochi posti letto; l'Adi, grazie al Pnrr, è aumentata come numero di interventi, ma diminuita come numero di ore per ogni assistito.

red Il discorso si allarga, quindi, dai ricoveri ospedalieri alle politiche per la non autosufficienza. I ricoveri ospedalieri di persone anziane potrebbero diminuire e ridursi a quelli davvero inevitabili se ci fosse quella rete di servizi territoriali e intermedi di cui si parla da tempo. Il primo servizio da potenziare è quello dei medici di medicina generale, perché sono loro, in primo luogo, che conoscono i pazienti e possono collaborare con i familiari per trovare soluzioni assistenziali adeguate. Purtroppo ancora molti bergamaschi sono senza il medico di famiglia o con un medico provvisorio e questo rende tutto più difficile. Le tre Asst hanno preso impegni per integrare e migliorare sia la collaborazione tra specialisti (area salute mentale e dipendenze, neurologia, geriatria) e Ambiti sociali per le Unità di valutazione multidisciplinari, sia i rapporti con i medici di famiglia, ma su tutta l'operazione pesa la mancanza di personale ai vari livelli.

red Tra i servizi territoriali e intermedi ci sono anche i Centri diurni integrati, un'alternativa al ricovero definitivo in Rsa, ma sono ancora troppo pochi: 29 Centri "a contratto" (cioè convenzionati con il servizio sanitario) per un totale di 678 posti, a fronte dei 5.452 posti delle 66 Rsa "a contratto".

red La scommessa decisiva è però quella sui nuovi servizi previsti dal Pnrr ("nuovi" per la Lombardia, ma in altre Regioni esistono da anni): Case della comunità, Ospedali di comunità e Centrali operative territoriali. Sono questi i servizi che dovrebbero attuare il principio della "casa come primo luogo di cura", cioè prevenzione, cure domiciliari, collaborazione attiva con specialisti, pronto soccorso, dimissioni protette.
Tra pochi mesi dovrebbero terminare le opere edilizie di queste strutture, per poi passare all'effettiva attività secondo gli standard operativi e di personale previsti dal decreto 77/2022 e la vera sfida sarà riuscire ad avere il personale che oggi ancora manca.

Orazio Amboni
Dal periodico "Spi-Insieme"
Bergamo, luglio-agosto 2025