Considerazioni sui redditi in Bergamasca nelle dichiarazioni 2020
Terra di diseguaglianze
È sempre utile e interessante gettare uno sguardo sui dati delle dichiarazioni dei redditi, perché è un'operazione che consente di rendersi conto di cosa si muove nella società e specialmente in quella più vicina a noi, cioè nella nostra provincia. In questo caso si tratta delle dichiarazioni dei redditi dell'anno scorso, cioè le dichiarazioni 2020, relative ai redditi 2019, prima, quindi, degli sconvolgimenti causati dalla pandemia Covid.
Però, più che per i cambiamenti, il quadro provinciale si caratterizza per la stabilità, la stabilità nelle grandi diseguaglianze: diseguaglianze nei redditi e, soprattutto, diseguaglianze territoriali.
Infatti, una piccola percentuale di contribuenti, inferiore all'1% (esattamente lo 0,96%) detiene il 9,38% del reddito prodotto, una quota di ricchezza che è andata crescendo e concentrandosi negli anni; si tratta dei bergamaschi con un reddito superiore ai 120mila euro. All'altro estremo sta più di un terzo dei contribuenti (il 35%) che, con redditi fino a 15mila euro, detiene solo l'11,39% del reddito provinciale.
In mezzo sta la popolazione con redditi medi, tra i 15mila e 55mila euro, una percentuale di cittadini che rappresenta la maggioranza (il 61,70%) e che detiene il 71% del reddito prodotto.
Una condizione economica provinciale, pertanto, che poggia saldamente sui redditi medi, ma che ha ai lati due punte estreme di redditi molto bassi o di redditi molto alti. Non si deve dimenticare, poi, che sono sempre numerosi i cittadini che non presentano nessuna dichiarazione, a causa di redditi sotto la soglia degli 8mila euro da pensione o lavoro dipendente e per questo non possono neppure godere di deduzioni e detrazioni perché "incapienti". Sono soprattutto i lavori part-time e i lavori a bassissima retribuzione, un settore del mondo del lavoro che vive ai margini della soglia di povertà, in condizioni che non consentono una vita dignitosa, specie se in presenza di figli minori.
Il reddito da lavoro dipendente costituisce il 60,56% dell'intero reddito prodotto in provincia, una percentuale stabile. Nel corso degli ultimi 8 anni il numero di dichiarazioni con reddito da lavoro dipendente ha oscillato tra il 55% e l'attuale 59% (una conseguenza dell'innalzamento dell'età pensionabile).
Rispetto all'anno precedente, il 2018, il reddito medio da lavoro dipendente è aumentato dell'1,2%; una percentuale bassa, paragonata al +20,7% del lavoro autonomo, al +2,7 del reddito dell'imprenditore e al +2,6% del reddito da pensione. Un'evidente svalutazione del lavoro dipendente rispetto agli altri tipi di reddito, ben visibile anche dagli importi del reddito medio (vedi grafico).
Bisogna però aggiungere che, per quanto riguarda il reddito da pensione, più che di un aumento generalizzato, si tratta dell'incidenza, sulla media, del valore delle pensioni più recenti, più elevate rispetto a quelle di chi è in pensione da anni, magari con minor anzianità contributiva. Il +20% del reddito da lavoro autonomo è dovuto in gran parte a modifiche del regime fiscale, con l'elevata adesione, a Bergamo come nel resto d'Italia, al regime forfettario (aliquota del 15% fino a 65mila euro di reddito, ma senza detrazioni).
Le disuguaglianze più rilevanti riguardano, però, il territorio: i comuni di montagna, e alcuni della bassa pianura, hanno redditi medi più che dimezzati rispetto al reddito medio di Bergamo città e dei comuni delle colline circostanti (Gorle, Mozzo, Cenate, Ranica, Ponteranica...). Sono soprattutto i più piccoli comuni di montagna, distanti dalla strada di fondovalle, a scivolare ogni anno più in basso nei redditi, nel numero di abitanti, di lavoratori attivi, di giovani. Un problema serio e sottovalutato, aggravato spesso da una diminuzione dei servizi sanitari, scolastici, sociali, dei trasporti...
A reggere è invece la grande cintura dei comuni ad alto tasso di occupazione, con una netta prevalenza del reddito da lavoro dipendente, che vede ai primi posti i comuni con un alto tasso di immigrazione: soprattutto l'area orientale della provincia (Villongo, Bolgare, Credaro...), ma anche i comuni industriali dell'Isola (Terno, Bonate, Chignolo, Solza...). È il grande contributo che l'immigrazione ha dato e sta dando all'economia bergamasca: un contributo di lavoro attivo, di reddito e di tasse pagate, nonostante le discriminazioni e le difficoltà incontrate per inserirsi con parità, dignità e uguaglianza di diritti.
Orazio Amboni
Dal periodico "Spi-Insieme"
Bergamo, luglio-agosto 2021