Pensioni e legge di bilancio - Novità peggiorative per l'accesso alla pensione
Nell'ultimo periodo dell'anno appena concluso, a proposito di manovra di Bilancio 2024 e di pensioni, molto si è parlato dei trattamenti pensionistici dei medici. Ma ben più estesa è la platea di persone interessate. Ci sono, infatti, altre rilevanti misure che coinvolgono diverse ed ampie categorie di futuri pensionati.
Ospitiamo qui il parere di Emmanuele Comi, direttore del patronato Inca Cgil di Bergamo, che osserva da vicino le nuove norme e le commenta nel dettaglio.
La legge di Bilancio
Tra le novità inserite nella legge di Bilancio, compaiono le modifiche a quota 103, la famosa misura che nell'idea esplicitata dal governo Meloni avrebbe dovuto superare la legge Fornero. Le modifiche apportate dimostrano che non sono queste le reali intenzioni del governo.
Infatti, i contenuti di quella legge vengono replicati per il 2024, ma con due importanti correzioni: il calcolo della pensione e i tempi di attesa, la cosiddetta finestra, per poterla ricevere.
L'importo della pensione, per chi raggiungerà i requisiti nel 2024 - almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi - sarà calcolato col metodo contributivo (che stabilisce il valore della pensione a partire dai contributi previdenziali versati e non dalle ultime retribuzioni percepite, come sanciva il metodo retributivo) e la finestra passa da 3 a 7 mesi per i lavoratori privati e da 6 a 9 mesi per quelli pubblici. Inoltre si abbassa il tetto massimo della pensione, che passa da 5 volte il trattamento minimo a 4 volte, rendendo meno appetibile il pensionamento.
Il commento
Facciamo ora due brevi considerazioni. Il calcolo contributivo è sicuramente penalizzante per chi ha iniziato a lavorare prima del 1992 e ha una carriera lavorativa a tempo pieno, in quanto, tendenzialmente, la differenza fra il sistema retributivo e il sistema contributivo in questi casi è maggiore.
Inoltre, la combinazione di questa disposizione con l'aumento della durata delle finestre risulta particolarmente penalizzante per le lavoratrici, a discapito di quanto dichiarato dal governo riguardo la tutela delle donne.
Infatti, le donne che potrebbero accedere a quota 103 nel 2024 sarebbero tutte beneficiarie della vecchia opzione donna, quella prima delle modifiche restrittive apportate dalla manovra dello scorso anno. Si parla di lavoratrici che avevano già di sicuro 58 anni nel 2021 e almeno 35 anni di contributi: potrebbero andare in pensione immediatamente, visto che anche la finestra prevista per loro è già abbondantemente trascorsa. Inoltre, per le lavoratrici del settore pubblico, attendere ulteriori 9 mesi le porta ad accedere alla pensione con la legge Fornero, visto che per quella sono richiesti 41 anni e 10 mesi (contro i 41 anni e i 9 mesi di attesa di quota 103).
Più grave ancora è la modifica dell'accesso alla pensione previsto per quei lavoratori che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996. Innanzitutto, l'importo minimo di pensione per accedervi - il cosiddetto importo soglia - passa infatti da 2,8 volte l'assegno sociale a 3 volte; il requisito contributivo (20 anni di effettivo lavoro) viene inoltre sottoposto agli aumenti legati all'aspettativa di vita e infine si introduce una finestra di 3 mesi, finora assente.
Quanto alle disposizioni per le madri lavoratrici, che già erano presenti con la legge Dini del 1995, si arricchiscono di ulteriori sgravi legati all'importo soglia, che però risultano solo punitivi per quelle lavoratrici che non hanno potuto avere figli, creando una discriminazione fra le lavoratrici donne basata sulla maternità.
Inoltre, come si accennava sopra, si inserisce anche un tetto massimo alla pensione (5 volte il trattamento minimo), che va a contraddire il principio su cui si basa il sistema contributivo: al lavoratore spetta una pensione in base a quanto ha versato.
Insomma, con le nuove misure sulle pensioni, questo governo sostiene di essere a favore delle donne lavoratrici, mentre in realtà le sue misure rivelano il contrario: risulta dai fatti chiaro che ha come unico scopo quello di rendere il pensionamento più difficile e l'importo dell'assegno pensionistico più basso, in una logica di punizione per quei lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima e, soprattutto per le donne.
La posizione della Cgil
Come Cgil, invece, a quasi 30 anni dall'introduzione del sistema contributivo, vogliamo che chi governa questo Paese si faccia carico delle nostre istanze: pensione di garanzia, superamento vero della legge Fornero, un giusto adeguamento degli importi di pensione al costo della vita.
E chiediamo che vengano messe in campo delle misure che favoriscano davvero la contrattazione per l'innalzamento dei salari, unica vera chiave per avere pensioni dignitose in futuro, invece di rincorrere contribuzioni figurative e decontribuzioni, che vanno solo ad abbassare il montante contributivo che sarà la base della pensione delle lavoratrici e dei lavoratori dai 45 anni in giù.
Emmanuele Comi (Direttore Patronato Inca di Bergamo)
Dal periodico "Spi-Insieme"
Bergamo, gennaio-febbraio 2024