Disabilità non fa rima con pandemia
Il Covid interrompe un difficile percorso
L'anno della pandemia è stato un anno difficile per tutti, ma più difficile per le persone più deboli, sia giovani che anziane: le persone sole, le persone già malate, le persone non autosufficienti, le persone con disabilità, i bambini e gli adolescenti. Per loro tutto è diventato, di colpo, più difficile con il forzato venir meno di quelle abitudini, relazioni, aiuti e sostegni che avevano consentito di trovare un equilibrio per fronteggiare la quotidianità.
Nel caso delle persone con disabilità, per esempio, l'irrompere della pandemia ha significato interrompere la possibilità di frequentare strutture come i Centri diurni per disabili (Cdd) o i Centri socio educativi (Cse): la brusca interruzione dell'accesso a questi servizi ha significato, per molti, la scomparsa di quella che era l'unica possibilità di legami, amicizie e relazioni esterni alla famiglia.
Ma l'irruzione della pandemia ha significato anche interrompere un percorso di rinnovamento di queste istituzioni, un percorso iniziato da alcuni anni e che ha visto impegnati insieme le associazioni dei familiari (rappresentate dal Coordinamento bergamasco per l'integrazione), le organizzazioni sindacali e gli enti gestori dei servizi (in prevalenza cooperative sociali rappresentate da ConfCooperative).
La prima tappa di questo percorso è stata rappresentata, nel 2017, dalle Linee guida provinciali per i Centri diurni disabili, un accordo sottoscritto con il Consiglio di rappresentanza dei sindaci e l'Ats con l'obiettivo di superare la frammentazione delle esperienze e tendere, progressivamente, ad uniformare anche la modalità di compartecipazione ai costi, molto differenziata sul piano provinciale a seconda dell'effettivo impegno dei Comuni nel sostenere la spesa. Al di là delle cifre, lo scopo era quello di riaffermare una responsabilità sociale, un impegno delle varie comunità a non abbandonare alla singola famiglia la gestione della disabilità.
Da parte nostra, come organizzazione sindacale, l'obiettivo era anche quello di dare stabilità e sicurezza a queste istituzioni, mettendo le cooperative sociali in grado di assicurare una gestione di qualità, senza i rischi causati al personale e agli utenti dalle consuete politiche di tagli o massimi ribassi.
Le associazioni dei familiari hanno puntato soprattutto sull'innovazione, accettando anche aumenti delle rette pur di vedere, finalmente, dei servizi orientati a quel "Progetto di vita" di cui parla la legge 328, orientati cioè ad impostare tutta l'attività in direzione dei bisogni, delle aspettative, dei desideri della persona con disabilità, della sua famiglia e del suo ambiente di vita. Un'ottica, quindi, non di breve periodo, ma che tenesse conto anche del "dopo di noi" e del superamento delle barriere materiali e immateriali che impediscono una vita dignitosa.
Purtroppo il Covid-19 è arrivato proprio mentre si stava approntando una revisione delle Linee guida del 2017, mentre si erano già messe a punto – e si trattava di sperimentarle – modalità di gestione più flessibili, superando le rigidità degli orari, prevedendo anche rapporti educativi più personalizzati, anche a domicilio, nei casi di assenze prolungate in determinate situazioni.
La ripresa, dopo l'estate, è stata difficile: una parte degli utenti, in attesa di una maggiore sicurezza, ha sospeso la frequenza; le attività a distanza non sono state di semplice attivazione né, per alcuni, di semplice fruizione; i costi, per gli enti gestori, sono saliti alle stelle (spese quotidiane per la sanificazione, per i dispositivi di protezione individuale, per la personalizzazione dei rapporti), a fronte di misero 2,5% di aumento da parte della Regione sotto forma di rimborsi; la conseguenza è stata che i maggiori oneri sono, in taluni casi, ricaduti direttamente sulle famiglie.
L'obiettivo è ora quello di riprendere il lavoro interrotto: proseguire la sperimentazione delle pratiche innovative, confermare un accordo economico equo per la compartecipazione, raggiungere un accordo provinciale anche per i Centri socio educativi, sul modello di quello raggiunto per i Cdd. Interlocutori saranno, ancora, Ats e Consiglio di rappresentanza dei sindaci. La Cgil non farà mancare il proprio impegno per un lavoro comune con il Coordinamento bergamasco per l'integrazione e con le rappresentanze degli enti gestori.
Orazio Amboni
Dal periodico "Spi-Insieme"
Bergamo, marzo-aprile 2021