Il Paese che verrà - I rischi dell'autonomia differenziata
La questione dell'autonomia differenziata, con i rischi contenuti nel disegno di legge Calderoli, è stata al centro del seminario organizzato il 15 settembre da Cgil e Spi alla Malga Lunga. Nel salone del Museo rifugio della Resistenza, fra i boschi e i sentieri che furono dei partigiani, ne hanno discusso Christian Ferrari della segreteria nazionale Cgil, Luca Bonzanni, giornalista, e Marco Toscano, segretario generale della Cgil di Bergamo.
L'iniziativa è stata una delle tappe de "La via Maestra, insieme per la Costituzione", che la Cgil e molte associazioni, tra cui l'Anpi, hanno lanciato in difesa della Costituzione e per la piena attuazione dei principi e dei valori in essa contenuti.
"Quello dell'autonomia differenziata è un tema che ha una storia lunga, iniziata nel 2001 con la riforma del titolo V della Costituzione. Il ddl Calderoli ha l'obiettivo di 'regolare' quanto previsto dall'art. 116, e in particolare l'attribuzione di forme di autonomia su determinate materie con legge dello Stato e su richiesta delle Regioni" ha spiegato Marco Toscano. "Un ddl che presenta molte criticità, a partire dal ruolo che finirebbe con l'assumere il Parlamento, che rischia di poter esprimere solo atti di indirizzo e pareri non vincolanti. Un altro nodo è quello del meccanismo di finanziamento, che anche secondo Banca d'Italia comporterebbe rischi di diseconomie. Non ci sarebbe, poi, alcun meccanismo di giudizio, né valutazione sulle funzioni richieste dalle Regioni.".
Nel suo intervento, il segretario Ferrari ha esposto un efficace inquadramento politico della questione. "Siamo convinti che l'architettura costituzionale dello Stato non sia una questione per addetti ai lavori, perché riguarda la visione del futuro del nostro Paese e del suo modello sociale e di sviluppo. Siamo di fronte a un'offensiva politica e culturale che rappresenta un pericolo che non ha molti precedenti negli ultimi decenni. Riteniamo infatti che il binomio autonomia differenziata - presidenzialismo (perché questo ormai è il punto di sintesi degli equilibri del centro-destra), esprima una visione ben precisa di Paese. Se fosse realizzata, rappresenterebbe il superamento definitivo del nostro modello di welfare pubblico universalistico e della nostra Repubblica parlamentare.".
La Regione Veneto è stata capofila a spingere per l'autonomia e oggi propugna la devoluzione in via esclusiva di tutte e 23 le competenze possibili, che passerebbero dal livello statale a quello regionale. "A fronte di questa richiesta del Veneto, e in parte della Lombardia, ci chiediamo: se tutte le Regioni chiedessero la devoluzione di tutte le materie, cosa rimarrebbe della Repubblica italiana? Assolutamente nulla. Questa non è l'applicazione della Costituzione, ma un'interpretazione eversiva dell'articolo 116 comma terzo della Carta costituzionale" ha proseguito Ferrari.
"Parliamo dei contenuti, partiamo dall'istruzione. Noi ci opponiamo a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione della scuola, che è un tema seriamente sul piatto. Significherebbe infliggere un colpo mortale alla stessa identità culturale del Paese e la fine della sua memoria. Vorrebbe dire applicare alla scuola il modello delle Asl, la nomina politica dei dirigenti, la scelta degli insegnanti, addirittura magari dei programmi scolastici.".
"Si pensi poi alle politiche energetiche, alle reti di infrastrutture, a porti e aeroporti, ad ambiente e ricerca: come si può presumere di gestire questi capitoli solo localmente? Riconoscere alle Regioni una competenza esclusiva su queste materie, significherebbe rinunciare, ad esempio, a un governo unitario nazionale delle politiche economiche, industriali e di sviluppo, in un momento in cui, per affrontare le sfide globali, non basta nemmeno la dimensione nazionale.".
"Il punto è che la presunzione di maggiore efficienza e qualità della gestione a livello regionale rispetto al livello nazionale è francamente indimostrabile. Si pensi alla sanità, già oggi attribuita alle Regioni, e alla loro incapacità (coperta dalla propaganda) di gestire l'emergenza della pandemia. Ma si consideri anche il tema della sicurezza sul lavoro: la gestione a livello regionale ad esempio delle funzioni di vigilanza; come sta andando? In Veneto non ci sono nemmeno più gli ispettori. Le Regioni stanno investendo o facendo assunzioni? Lombardia e Veneto sono sempre in cima alla lista per il triste primato delle stragi sul lavoro. Allora, esiste davvero questa presunta efficienza delle Regioni?".
Dal periodico "Spi-Insieme"
Bergamo, settembre-ottobre 2023