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la storia dell'8 marzo

Lo storico Bruno Cartosio in una lettera a “Il manifesto” del primo marzo 2006 ricostruisce le origini dell’8 Marzo, Giornata internazionale delle donne.

I miti dell'otto marzo
lettera di Bruno Cartosio

Caromanifesto, in tutte le costruzioni mitiche ci sono sempre frammenti di realtà storica. E' questa abilità combinatoria che rende i miti pressoché indistruttibili. Un esempio di costruzione mitica dura a morire è quello dell'incendio nella fabbrica tessile Cotton dell'8 marzo 1908 a New York in cui morirono 129 operaie, evocato da Mariuccia Ciotta e da Maurizio Galvani a proposito della tragedia di Chittagong sul manifesto del 25 febbraio. La realtà storica che sta sotto al mito è che nella fabbrica di abbigliamento femminile della Triangle Shirtwaist Company, posta negli ultimi tre piani di un edificio di dieci a un passo da Washington Square, a New York, ci fu un incendio (accidentale) il 25 marzo 1911. Era una fase di agitazioni operaie e i proprietari avevano chiuso a chiave le porte, per impedire che le operaie potessero scendere in sciopero. In seguito all'incendio morirono 146 donne, quasi tutte italiane e ebree esteuropee, in parte bruciate e soffocate e in parte per essersi buttate dalle finestre. Non c'è rapporto tra questi fatti e l'8 marzo, che invece risale alla rivendicazione, rivolta dalle donne socialiste statunitensi al loro partito, di una data celebrativa delle lotte delle donne da tenersi nella quarta domenica di febbraio di ogni anno. Quella festa fu celebrata per la prima volta a New York il 23 febbraio 1909 (in coincidenza con una manifestazione per il suffragio femminile). Nel 1910, su sollecitazione delle statunitensi, Clara Zetkin propose all'Internazionale socialista riunita a Copenhagen l'adozione di una "Giornata della donna". Fu accettata. La festa fu anche celebrata, in seguito, ma il suo destino seguì quello infausto della Seconda internazionale. Solo dal 1920 sarà celebrata nella Russia postrivoluzionaria la prima Giornata della donna, a ricordo della sollevazione delle donne di San Pietroburgo nel 1917 (l'8 marzo nel nuovo calendario, fine febbraio nel vecchio) e della vecchia rivendicazione approvata dieci anni prima a Copenhagen. Marisa Ombra e Tilde Capomazza avevano già detto come stanno le cose e ricostruito le origini del mito in un libro del 1987. Le somiglianze tra Chittagong 2006 e New York 1911 sono evidenti e dolorose. Rimane il fatto che la storia "vera" dell'8 marzo socialista e comunista ricorda non un martirio, ma due momenti alti di protagonismo sociale e politico delle donne.

Cari saluti.
Bruno Cartosio

Qui il link al sito dove si ricostruisce la vicenda della fabbrica tessile:

http://trianglefire.ilr.cornell.edu/

presentazione NONSENSE e POPULAR MUSIC di Alberto Rossi

Attorno alla metà degli anni '60 del secolo scorso avviene un cambiamento radicale nell'ambito della popular music. I primi successi musicali di massa si intrecciano all'allora nascente estetica postmoderna rinnovando non solo il lavor musicale, ma anche quello lirico.
questo volume cerca di indagare non solo come il non sense sia diventato un patrimonio a cui attingere per chiunque scriva musica, ma anche come sia stato sorprendentemente in grado di veicolare un significato ideologico continuamente rinnovato fino al paradosso di riuscire a trasmettere un messaggio potente mistificando il linguaggio
(dalla quarta di copertina)

Alberto Rossi, autore del saggio NONSENSE E POPULAR MUSIC (edizioni MMC), ne parla con Michele Dal Lago e Michele sala

Seriate, 20 febbraio 2015, ore 21
Libreria Terzomondo 

Luciana Castellina presenta GUARDATI DALLA MIA FAME

Un'iniziativa organizzata dall'Arci Bergamo, dal Circolo Gramsci e dalla Biblioteca "Di Vittorio" il prossimo 16 febbraio alle ore 21 a Bergamo, alla Sala Lama della Cgil di Bergamo: Luciana Castellina presenta il libro scritto insieme a Milena Agus, Guardati dalla mia fame (nottetempo editore, 2014), la ricostruzione di un efferato delitto avvenuto nella Puglia del dopoguerra, durante un comizio di Di Vittorio.
Con Luciana Castellina discutono Clementina Gabanelli e Eugenia Valtulina, introduce e coordina Maurizio Colleoni.

INVITO

27 gennaio, 70 anni dopo

Materiali per il giorno della memoria 2015.

27 GENNAIO, 70 ANNI DOPO

Nei primi giorni del gennaio 1945, sotto la spinta dell'Armata Rossa, i tedeschi avevano evacuato in tutta fretta il bacino minerario slesiano. Mentre altrove, in analoghe condizioni, non avevano esitato a distruggere col fuoco e con le armi i Lager insieme con i loro occupanti, nel distretto di Auschwitz operarono diversamente.” (Incipit de La Tregua, di Primo Levi)

Docu:
L’INTERROGATORIO, QUEL GIORNO CON PRIMO LEVI
Il 5 maggio 1986 alcuni insegnanti e studenti delle scuole superiori di Pesaro incontrarono Primo Levi nel Teatro Rossini. L'iniziativa rientrava nel progetto "Il gusto dei Contemporanei", ideato da un gruppo di docenti pesaresi. Questo appuntamento si colloca nell'ultima parte della vita dello scrittore e testimonia uno dei suoi ultimi incontri pubblici. Il materiale della giornata, di cui è rimasta la documentazione audiovisiva, fu raccolto in una pubblicazione. Partendo da questi materiali, e rintracciando i protagonisti di quella manifestazione, la Fondazione Villa Emma di Nonantola, l'ISCOP e la Biblioteca-Archivio "Bobbato" hanno prodotto un documentario per indagare - a ventisette anni di distanza - i lasciti rimasti nella memoria di chi allora incontrò il grande testimone di Auschwitz.

Regia: Alessandro e Mattia Levratti, Ivan Andreoli, Fausto Ciuffi
Durata: 63''

Trailer del film 

▪Un articolo di Paolo Teobaldi sull’esperienza degli insegnanti di Pesaro e su quel giorno con Primo Levi da Doppiozero 

Operai, scioperi, Resistenza e deportazione: traccia della relazione di Giuliana Bertacchi, tenuta a Trescore B. il 28 ottobre 2008

Relazione di Roberto Villa, presentata al convegno organizzato da CGIL e Cisl Lombardia presso l’Università di Cracovia in occasione del Treno per Auschwitz 2009  Cracovia

Elenco dei deportati dall'area industriale di Sesto San Giovanni nati a Bergamo e provincia

I dimenticati tra i dimenticati: lo sterminio dei Rom

E' morta Baldina Di Vittorio

E’ morta il 3 gennaio Baldina Di Vittorio, figlia di Giuseppe Di Vittorio, donna e compagna straordinaria.

Di seguito, il racconto biografico nelle parole di Liuzzi, della Cgil. Se volete conoscerla di più, potete farlo anche attraverso il video di Chiara Cremaschi, che la intervistò nel suo INDESIDERABILI (prodotto dalla Cgil nazionale e distribuito da Lab80). Quando lo presentammo, al Bergamo Film meeting del 2011, Chiara dovette faticare non poco, insieme a Silvia Berti, la figlia di Baldina, per convincerla a non intraprendere un viaggio in auto verso Bergamo, in compagnia di Lina Fibbi, anche lei testimone di Indesiderabili, che nella nostra provincia era di casa avendo sostituito Teresa Noce alla guida del segretario dei tessili.

Insieme all’orgoglio per vedere ricostruita una vicenda che le aveva viste protagoniste, indomite e subito dimenticare, Baldina Di Vittorio e Lina Fibbi erano mosse dalla voglia di “spiegare un poco di cose a quei bergamaschi che votano Lega”.

Vite incredibili, vissute sempre con la schiena dritta e senza mai cercare le luci o la notorietà; vite al servizio degli altri, come avevano scelto di fare ancora ragazze.
Ci mancherà.

Nata a Cerignola, in provincia di Foggia, il 16 ottobre del 1920, Baldina non aveva ancora vent’anni quando, nell’estate del 1940, la Francia capitolò sotto l’invasione nazista. Orfana della madre, e dopo aver perso ogni contatto col padre e col fratello, fu internata dalle autorità francesi, per un breve periodo, nel campo di concentramento di Rieucros. Riuscì poi a raggiungere Marsiglia e, da qui, a partire fortunosamente per gli Stati Uniti, ove visse fino alla fine della seconda guerra mondiale assieme al marito, Giuseppe Berti. Quest’ultimo, una figura oggi ingiustamente dimenticata, era stato uno dei fondatori del Pcd’I (Partito comunista d’Italia), cui la stessa Baldina aveva aderito in Francia nel 1938.

Rientrata in Italia, senza lasciarsi minimamente schiacciare dai due importanti dirigenti del movimento operaio che aveva in famiglia - il marito parlamentare del Pci togliattiano, il padre segetario generale della Cgil - Baldina intraprese una vita di attivista democratica che la portò a far parte per alcuni anni dell’Ufficio di presidenza dell’Udi, l’Unione delle donne italiane. Eletta alla Camera nelle liste del Pci nella primavera del 1963, fu poi candidata ed eletta al Senato nel 1968. Per quattro anni, ovvero per l’intera quinta legislatura, fece anche parte della segreteria della Presidenza di Palazzo Madama. 

Negli ultimi anni, sempre lucidissima nonostante l’età avanzata, aveva assunto la presidenza dell’associazione culturale Giuseppe Di Vittorio, nata in provincia di Foggia per mantenere viva la memoria delle lotte di emancipazione condotte dai braccianti della Capitanata e, più in generale, per studiare la cangiante attualità del mondo del lavoro. Assieme alla figlia Silvia, docente di Storia moderna, si era impegnata nelle diverse iniziative sviluppatesi in ricordo del padre, specie a partire dal cinquantesimo anniversario della morte di quest’ultimo (1957). Non facendo mai mancare, in tali iniziative, la sua presenza e il proprio sorridente incoraggiamento. “Profondo cordoglio” per la scomparsa di Baldina è stato espresso dalla Cgil.

@Fernando_Liuzzi

baldina di vittorio in una foto di mario dondero

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