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A proposito di Italcementi....

[...] Nel bilancio delle famiglie italiane la percentuale riservata all'alimentazione passa dal 53, 4% del 1938 al 73, 7% del dicembre 1944.
A Bergamo dove le fabbriche con più di mille addetti sono rare, i comportamenti operai sembrano ancora più condizionati dalla pesantezza della situazione materiale, e dal fatto che la funzione di tutela della fabbrica, di pari passo con il rinforzarsi delle pratiche e dei tradizionali vincoli paternalistici, viene acquistando un peso maggiore che in passato (un testimone intervistato per una ricerca della "Di Vittorio" ricorda come un privilegio la possibilità che avevano gli abitanti del villaggio operaio di Crespi d'Adda di andare a scegliere tra gli scarti di fabbrica pezzi di carbone per alimentare le stufe). La fabbrica diventa un luogo dotato di capacità organizzativa, come centro di raccolta e di smistamento di cibo, oltre che di copertoni per la bicicletta o altro. "La fame della seconda guerra mondiale è più biblica ma meno riconducibile ad ingordigia padronale". Così gli industriali si devono dare da fare non solo per reperire materie prime per la fabbrica  ma anche per i lavoratori. Una delle più rilevanti aziende locali, l'Italcementi , pure indicata nella relazione Belli, non partecipa in maniera decisiva agli scioperi (anche perché sostanzialmente inattiva per il grave problema di reperimento della materia prima) ma non rimane esclusa da queste vicende, con l'arresto nel luglio 1944 di Carlo Pesenti, accusato di antifascismo e di eccessiva condiscendenza verso gli oppositori al regime, nonché – addirittura – di aver commissionato insieme ad altri dirigenti l'omicidio dello squadrista Favettini. Nella memoria difensiva di Antonio Pesenti, che diventa Commissario dell'azienda, così si legge: "Si è voluto da taluni fare apparire questa nomina a Commissario come una designazione di natura politica...[ma] piuttosto che permettere, dopo averle dato tutta la sua vita, che la Società andasse a finire nelle mani di qualche incompetente e intollerante gerarca...col danno sicuro dell'impresa, degli operai e dell'opera di sabotaggio antinazista in corso di sviluppo, il sottoscritto dovette fare buon viso a cattivo giuoco e accettò la nomina per mantenere la Società sulla via sicura per la quale l'aveva guidata per 35 anni.[...] "salvare il più possibile gli impianti, le materie prime e i prodotti, ...tutelare la numerosa mano d'opera dal minaccioso pericolo delle deportazioni, ...far trovare pronta per i compiti della ricostruzione quasi tutta l'imponente attrezzatura tecnica e amministrativa del ramo". In effetti, nessun dipendente dell'Italcementi venne deportato in Germania e non vengono nemmeno sostituiti i consiglieri ebrei della società. Il 26 marzo 1945, sempre Antonio Pesenti così riferisce agli azionisti, nella Relazione di Bilancio 1944: "Oltre ad avere mantenuto in efficienza tutte le Mense Aziendali, migliorando nel limite del possibile qualità e quantità delle somministrazioni, si è dato largo impulso agli Spacci specialmente di generi per l'alimentazione; altre provvidenze vennero attuate per venire incontro ai bisogni dei nostri dipendenti, impiegati ed operai. Ciò ha comportato, nell'esercizio in rassegna un onere notevolissimo che la Società ha affrontato con senso di compassione e umana solidarietà".[...] Dalla Relazione sugli scioperi a Bergamo nel 1944, di Marcandelli e Valtulina

 

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