Ci ha lasciato Giuliana Bertacchi
"La nostra Giuliana": così l'ha sempre chiamata Mario Invernici, il comandante delle brigate di "Giustizia e libertà", collaboratore di Ferruccio Parri, che fu il presidente dell'Istituto bergamasco per la storia del movimento di liberazione fino alla sua scomparsa e che la volle ad occuparsi del nascente centro di documentazione sulla Resistenza e così si riferivano a lei i vecchi azionisti; così l'ha mandata a salutare domenica Salvo Parigi, a nome dell'Anpi di Bergamo, a cui ha dedicato le sue ultime lezioni.
Per il Brach e per i compagni del Pci era invece "la Bertacchi", e l'uso del solo cognome non era una diminuzione di rispetto ma anzi, per chi conosce i codici di quel partito, un tratto immediato di appartenenza.
Per i suoi studenti dell'Esperia – con alcuni dei quali ha continuato a mantenere uno stretto rapporto fino ad oggi – è rimasta, nonostante ormai da decenni si dessero del tu, la "professoressa Bertacchi", severa ma incredibilmente affascinante, capace di far leggere ai futuri periti già nei primi anni Sessanta le poesie di Nazim Hikmet.
Poi è diventata semplicemente "la Giuliana": per i tanti, tantissimi amici di tutte le età che l'hanno sempre circondata, nomi noti e non, nella quotidianità e nel mondo della storia contemporanea e degli insegnanti, di chi si occupa di storia e di metodologia delle fonti, in particolare di quelle orali.
E' stata "la Giuliana" anche per la Cgil di Bergamo, quando ha iniziato a collaborare con la Biblioteca "Di Vittorio" occupandosi dell'archivio dei tessili e poi di quello del Comitato Accoglienza profughi ex Yugoslavia, tornando in quell'organizzazione dove si era impegnata nel sindacato degli insegnanti prima di iniziare a lavorare a tempo pieno all'Isrec, nel 1970.
Una intellettuale vera e generosa, nonostante un carattere non semplice, con una cultura vastissima e curiosa; una intellettuale organica, che ha sempre intrecciato la sua passione per la storia con un impegno politico dichiarato, nella convinzione profonda che la pregiudiziale antifascista non possa essere messa in discussione in alcun modo, perché quei venti mesi di lotta partigiana, che diedero per la prima volta agli operai e ai contadini la possibilità di concorrere in prima persona al cambiamento di questo paese sono stati uno snodo fondamentale nel passaggio alla democrazia, verso una società di liberi ed uguali ancora da venire.
Senza storia non c'è trasformazione sociale: Giuliana Bertacchi, che non ha mai voluto essere definita una storica, accettando il titolo di ricercatrice o, al più, di studiosa, ha raccolto – sempre insieme alla squadra dell'Isrec - le storie dei partigiani e degli Internati militari italiani, degli emigranti e degli operai antifascisti, delle donne che nascondevano i prigionieri della Grumellina, ordinando i documenti, le lettere e i loro diari, scrivendo di loro, parlandone a studenti e a insegnanti e a tutti coloro che gliene hanno chiesto, in nome di quella "didattica diffusa" che tanto le è stata cara...
E contemporaneamente, battagliando nel Comitato per il Vietnam e raccogliendo fondi per gli operai che occupavano la Filati Lastex, organizzando iniziative per sostenere "Il Manifesto" o bussando alle porte delle istituzioni cittadine per l'Istituto, la sua esperienza più bella, il luogo che ha sentito per decenni la sua casa. (e.v.)
link a pagine che ricordano Giuliana:
http://www.resistenzeveneto.it/
http://storiamestre.it/2014/06/giulianabertacchi/